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sceneggiatura 387

personaggio importante e appassionato tutto ciò ch’egli dee sapere; e non lo sa per la via della gelida e lunga esposizione comune fra un personaggio operante e un personaggio ascoltante. Ma, io odo giá dir da taluno; ecco in questa tragedia duplicato a bella prima il difetto dei soliloquj; ecco Antigone che esce sola, e ce ne vuol dare un secondo. Chi dice tal cosa, poiché prima di dirla non ha voluto riflettervi, rifletta dopo, che Antigone in codesto punto esce per andarne di notte e di furto ad infrangere una crudelissima legge del tiranno; ella dovea perciò esser sola; che nelle imprese dove ne va la vita, raramente si trova compagni; né il dignitoso e maschio animo d’Antigone comportava ch’ella a ciò li cercasse.

Cosí Egisto nell’Agamennone, Elettra nell’Oreste, Merope nella Merope, e altri forse di cui non mi ricordo per ora, danno principio alle suddette tragedie con soliloquj, in cui se ne viene ad esporre il soggetto. Ma Egisto lo espone, parlando coll’ombra del feroce Tieste, che a lui par di vedere, e di udire altamente domandantegli vendetta contro al figlio d’Atréo. Elettra comincia l’Oreste, col rammentare appassionatamente l’ucciso padre, col favellargli con trasporto di fantasia, e col dispiegare in parte la speranza di vendetta che le rimane nella persona dell’amato Oreste da lei posto in salvo. Merope dá principio alla tragedia col piangere, come una madre il debbe, i due trafitti figli, lo svenato marito, e l’unico suo figliuolo rimastole, spogliato del trono, e allora errante e smarrito. E tutti tre questi personaggi si appresentano soli, perché soli esser debbono. Egisto nella reggia d’Atréo non dovea certamente avervi alcun confidente; ed anche potendovene avere, si osservi che tutte le passioni estreme, fuor che l’amore allor quando incestuoso non è, tendono piuttosto a concentrarsi nel cuore dell’uomo, che ad esternarsi; e anche si osservi, che le sole passioni deboli son quelle che cercano sfogo di parole; e siccome non son queste le passioni, né questi per lo piú gli eroi di tragedia, ne risulta che anche lo stesso legittimo amore in una donzella tenerissima, allorché troppo in teatro si esala in parole, allorché non ha in se stesso un possente contrasto che ne vada rattenendo lo sfogo, una tal passione può bensí esser tenera, ma cessa di parer tragica. Credo che ne sia questa la ragione: delle donnicciuole che piangano per amore, e che tutta e lungamente narrino la loro passione, se ne vedono cosí spesso e tante nella vita famigliare, che poca curiositá rimane di vederle in palco in