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parere dell’autore 371


Le due seguenti ultime tragedie sono state concepite insieme e nate, direi, ad un parto. Elle portano lo stesso nome, hanno per loro unica base la stessa passione di libertá, e ancorché assai diverse negli accidenti loro, nel costume, e nei mezzi, nondimeno essendo ambedue romane, tutte due senza donne, e contenendo l’una (per cosí dire) la nascita di Roma, l’altra la morte, in molte cose doveano necessariamente rassomigliarsi; e quindi l’autore in esse ha forse potuto e dovuto ripetersi. Per questo appunto elle vengono separate nello stamparle; e si fará anche benissimo di sempre disgiungerle, sí nel recitarle, come anche nel leggerle, tramezzandole come elle sono, con Mirra; e questa essendo tragedia d’un’indole opposta affatto, potrá facilmente servire di tornagusto all’intelletto di chi al primo Bruto si trovasse giá sazio di sentir sempre parlare di libertá e di Roma.

Esaminando per ora la prima, dico; che il Giunio Bruto mi pare un soggetto tragico di prima forza, e di prima sublimitá; perché la piú nobile ed alta passione dell’uomo, l’amore di libertá, vi si trova contrastante con la piú tenera e forte, l’amore di padre. Da un tal sublime contrasto ne debbono nascere per forza dei grandiosissimi effetti. Se io ve gli abbia saputi far nascere, è da vedersi.

Questa tragedia, a parer mio, pecca e non poco, in uno degli incidenti principalissimi, che ne fanno pure la base. Ed è, che i figli di Bruto, per avere, sedotti da Mamilio, soscritto il foglio dei congiurati, non pajono, né sono abbastanza colpevoli agli occhi degli spettatori, né a quelli del popolo, né a quelli di Bruto stesso, onde meritino d’essere fatti uccidere dal padre. Si dirá dunque, (e ciascuno sa dirlo) che un padre il quale commette una atrocitá quasi ingiusta contra i proprj figliuoli, riesce piuttosto un impostore di libertá, che non un vero magnanimo cittadino. Ci sarebbe da rispondere, che agli occhi di Bruto novello consolo i figli possono con certa ragione apparire piú rei che nol sono; ma se pur anche tali non gli appajono, ed ancorché egli creda di commettere veramente una qualche ingiustizia nel condannarli al paro cogli altri congiurati, si può arditamente asserire ch’egli dovea pure commetterla, e rimanerne con immenso dolore conscio a se stesso