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gli uomini pigliano poca parte alle sventure di colui che precipita manifestamente se stesso, mosso a ciò da una passione che essi non credono vera, né quasi possibile, perché non la sentono. Questa ragione milita assai meno in tutte le altre mie tragedie di libertá, in cui per lo piú è un privato oppresso che congiura contra un potente oppressore: nel qual caso la invidia, passione la piú comunemente naturale nell’uomo volgare, opera nel suo cuore quello stesso effetto che negli alti animi opera l’amore di libertá; e quindi egli vede con piacere e commozione che chi opprimere voleva, oppresso rimanga. Ma un re, (benchè un re di Sparta fosse una cosa assai diversa dagli altri tutti) un ente pure che porta il nome di re, e che vuole a costo del trono, della vita, e perfin della propria fama, porre in libertá il suo popolo fra cui egli pur non è schiavo, e nella di cui libertá egli perde molta potenza e ricchezza, senza altro acquistarvi che gloria e anche dubbia; un tal re, riesce di una tanta sublimitá, che agli occhi di un popolo non libero egli dee parere piú pazzo assai che sublime. Una tragedia d’Agide potrebbe forse ottener sommo effetto in una repubblica di re; cioè in quel tal popolo, (tale è stato per assai tempo il romano) in cui vi fossero molti grandi potenti, che tutti potrebbero per la loro influenza attentarsi di assumere la tirannide; ma dove, non essendo tuttavia ancora corrotti, pochi vi penserebbero, e nessuno lo ardirebbe; perché quei potenti si crederebbero pur anco piú grandi per l’essere eguali fra loro e non tiranni del popolo, che non pel diventare, col mezzo della forza, l’esecrazione e l’obbrobrio dei cittadini tutti, a cui si verrebbero con un tale attentato a manifestare di gran lunga minori in virtú. Una tal repubblica riapparirá forse un giorno in Italia, sí perché tutto ciò che è stato può essere, sí perché la pianta uomo in Italia essendovi assai piú robusta che altrove, quando ella venga a rigermogliare virtú e libertá, la spingerá certamente (come giá lo ha provato coi fatti) assai piú oltre che i nostri presenti eroi boreali, fra cui la libertá si è piuttosto andata a nascondere, che non a mostrarsi in tutto il suo nobile immenso e sublime splendore.

Ma tornando io alla tragedia, e giudicando quest’Agide con i nostri dati, la reputo tragedia di un sublime piú ideale che verisimile, e quindi pochissimo atta ad appassionare i moderni spettatori.

Il carattere d’Agide, giá è definito abbastanza dalla sentenza che si dá della tragedia.