Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. III, 1947 – BEIC 1728689.djvu/356

350 parere dell’autore

il padre, pecca nell’essere, o almeno nel parere gratuita; stante che a Cosimo non mancherebbero altri mezzi per far trucidar quel Salviati. Ma questo mezzo serviva meglio all’autore, il quale forse ha errato nell’adattare piú la cosa all’azione, che non l’azione alla cosa: nondimeno, io debbo anche dire, che in questo luogo gli si può forse perdonare questa mancanza d’arte, essendo questo uno dei suoi meno spessi difetti.

La tragedia, premesse queste osservazioni su l’invenzione, non mi pare del rimanente mal condotta: ella è di uno sviluppo gradato assai, e sempre sospensivo e dubbioso; e di uno scioglimento rapido, e terribile, piú che niun’altra. Giudicandola io coi semplici dati dell’arte, la crederei superiore alla Congiura (benché questa tanto minori cose racchiuda), per esserne il soggetto tanto piú caldo, appassionante, e terribile per se stesso.

Questa infelicissima regina, il di cui nome a primo aspetto pare un ampio, sublime, e sicuro soggetto di tragedia, riesce con tutto ciò uno infelicissimo tema in teatro. Io credo, quanto alla morte di essa, che non se ne possa assolutamente fare tragedia; stante che chi la fa uccidere è Elisabetta, la natural sua capitale nemica e rivale; e che non v’è tra loro perciò né legami, né contrasti di passione, che rendano tragediabile la morte di Maria, abbenché veramente ingiusta, straordinaria, e tragicamente funesta. Quanto a quest’altro accidente, della morte del marito di Maria, di cui ella venne incolpata, se avessi pienamente creduto che tragedia non se ne potesse veramente comporre, non avrei tentato di farla: confesso tuttavia, che giá prima d’imprenderla, moltissimo temeva in me stesso ch’ella non si potesse far ottima. Per due ragioni pure l’ho intrapresa: prima, perché mi veniva un tal tema con una certa premura proposto da tale a cui non potrei mai nulla disdire; seconda, per un certo orgoglietto d’autore, che credendo aver fatto giá otto tragedie, i di cui soggetti, tutti scelti da lui, tutti piú o meno gli andavano a genio, volea pure provarsi sopra uno, che niente stimava, e che poco piaceagli; e ciò, per vedere se a forza d’arte gli verrebbe fatto di renderlo almen tollerabile. L’autore non può per anco stabilirsi perfetto giudice, se tale gli sia riuscito di farla, che non avendola vista finor recitare, non