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336 parere dell’autore


Emone, che può in se riunire tutte le piú rare doti, e che da altra passion non è mosso fuorché dall’amor per Antigone, mi pare in questa tragedia il personaggio, a cui, se nulla pur manca, non è certo per colpa sua, ma di chi parlar lo facea. Forse a molti non parrá egli abbastanza innamorato, cioè abbastanza parlante d’amore, e in frasi d’amante. Ma di questo non me ne scuso, perché non credo mai che l’amore in tragedia possa accattare espressioni dal madrigale, né mai parlar di begli occhi, né di saette, né di idol mio, né di sospiri al vento, né d’auree chiome, etc. etc.

Nel risolvermi a far recitare questa tragedia in Roma, prima che nessuna altra mia ne avessi stampato, ebbi in vista di tentare con essa l’effetto di una semplicitá cosí nuda quale mi parea di vedervi; e di osservare ad un tempo, se questi soli quattro personaggi (che a parer mio erano dei meno caldi tra quanti altri ne avessi creati in altre tragedie di simil numero) venivano pure ad esser tollerabili in palco senza freddezza. Con mio sommo stupore trovai alla recita, che i personaggi bastavano quali erano, per ottenere un certo effetto; che Argía, benché inutile, non veniva però giudicata tale, e moltissimo inteneriva gli spettatori; e che il tutto in somma non riusciva né vuoto d’azione, né freddo.

E non si creda giá, che io giudicassi allora la tragedia dall’esito ch’ella pareva ottenere piuttosto felice: io la giudicava anche molto dal semplice effetto che ne andava ricevendo io stesso; e cosí pure da un certo silenzio, direi, d’immobilitá negli spettatori; non dagli applausi loro, che questi si possono pur dare non sentiti, né veri: ma quella specie di sforzato e pieno silenzio, non si può mai ottenere se non da un certo vivo desiderio d’udire, il quale non è mai continuamente provato da un uditorio qualunque (per quanto voglia egli benigno mostrarsi) ove freddezza vi sia nell’azione. Io, essendo veramente in mio core prevenuto che ci dovesse essere questo principalissimo difetto, godeva ad un tempo come autore che pur non ci fosse; ma mi doleva altresí, come critico, di essermi affatto ingannato. Tuttavia potrebbe anche, o tutto od in parte esservi pure stato, e non aver io visto sanamente; e quegli spettatori, o per civiltá o per altra cagione, aver simulato e il desiderio d’udire e la commozione, e aver dissimulata la noja.

La catastrofe, ch’io anche credeva dover essere di pochissima azione e non molto terribile, mi parve alla recita riuscire di un grande effetto; e massimamente lo sará, venendo eseguita con