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334 parere dell’autore

della recita: un mezzo verso, anche una parola sola in un modo o nell’altro recitata, in un modo o nell’altro collocata, può ottenere i due effetti i piú direttamente opposti nella mente degli uomini; cioè il terribile ed il risibile: che in cosa rappresentata e finta questi due contrarj effetti son vicinissimi sempre; stante che la massima parte degli spettatori niente affatto si scorda di essere in un teatro, di starvi pe’ suoi danari, e di non vi essere nessuno vero importante pericolo, né per se stessa, né per gli attori.

Il detto fin quí lungamente, vaglia anche per la catastrofe di questa tragedia, la quale di sommo effetto può essere, o no, secondo che l’azione le servirá. L’autore dee sapere, e pesare il valore delle parole che egli fa dire in tali circostanze; non ci dee porre che le piú semplici, le piú vere, le piú spedite, e le meglio accennanti l’azione; lasciando il di piú a chi spetta.

Il Polinice a me pare alquanto miglior che il Filippo; ma pecca anch’esso nella sceneggiatura e connessione di cose. Troppo lungo sarei, se individuarle volessi: io vedrò poi con sommo piacere questi difetti, con maggior perspicacitá, e con piú veritá ancora, dottamente rilevati da altri.

Questo tema, benché assai meno tragico del precedente, mi pare con tutto ciò piú adattabile ai nostri teatri e costumi; dove però le esequie di Polinice e degli Argivi non vengano ad essere il perno, ma bensí il solo pretesto, della tragedia; il che mi par d’aver fatto. In questa composizione mi nasceva per la prima volta il pensiero di non introdurvi che i soli personaggi indispensabili, e importanti all’azione, sgombrandola d’ogni cosa non necessaria a dirsi, ancorché contribuisse pure all’effetto. In fine di questa prosa, dove parlerò dell’invenzione, penso di assegnare estesamente la ragione che mi fece abbracciare questo sistema dappoi.

Tuttavia in questo primo tentativo io m’ingannava, e non poco; in quanto questo soggetto arido anzi che no, non presta neppure i quattro personaggi introdottivi; volendo (come io pretesi di farlo) che abbiano ciascuno un motore, benché diverso, pure ugualmente caldo, operante, importante; e tutti sí fattamente siano contrastanti fra loro, che n’abbiano a ridondare delle so-