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atto secondo 287
né comprar tutti allor potea: far servi

ben tutti or può quei che ingannati ha pria.
E noi del par con lingua non potremmo
disingannare, illuminar, far sani,
e gl’intelletti e i cuori? Infra il mio dire,
e il favellar del dittator tiranno,
sta la forza per lui, per me sta il vero:
se mi si presta orecchio, ancor pur tanto
mi affido io, sí, nel mio sublime tema,
ch’armi non curo. A orecchi e cor, giá stati
romani un dí, giunger può voce ancora,
che romani per breve almen li torni.
Svelato appien, Cesare vinto è appieno.
Cimbro Dubbio non v’ha: se ti ascoltasse Roma,
potria il maschio tuo dir tornarla in vita:
ma, s’anco tu scegliessi, generoso,
di ascender solo, e di morir su i rostri,
ch’or son morte a chi il nome osa portarvi
di libertá; s’anco tu sol ciò ardissi;
tolto pur sempre dalle infami grida
di prezzolata vil genía ti fora,
l’esser udito. Ella omai sola tiene
del foro il campo, e ogni dritt’uom sbandisce.
Non è piú al Tebro Roma: armi, e virtudi,
e cittadini, or ricercar si denno
nelle estreme provincie. A guerra aperta
duro assai troppo è il ritornar; ma pace
pur non è questa. I pravi umor, che tanti
tra viva e morta opprimon Roma, è forza
(pur troppo!) ancor col sangue ripurgarli.
Romano al certo era Catone; e il sangue
dei cittadini spargere abborriva;
pur, quel giusto de’ giusti anco il dicea:
«Dall’armi nata, e omai dall’armi spenta,
non può riviver che dall’armi, Roma».
Ch’altro a far ne rimane? O Roma è vinta,