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266 mirra
Qual ch’ei sia colui ch’ami, io ’l vo’ far tuo.

Stolto orgoglio di re strappar non puote
il vero amor di padre dal mio petto.
Il tuo amor, la tua destra, il regno mio,
cangiar ben ponno ogni persona umíle
in alta e grande: e, ancor che umíl, son certo,
che indegno al tutto esser non può l’uom ch’ami.
Te ne scongiuro, parla: io ti vo’ salva,
ad ogni costo mio.
Mirra   Salva?... Che pensi?...
Questo stesso tuo dir mia morte affretta...
Lascia, deh! lascia, per pietá, ch’io tosto
da te... per sempre... il piè... ritragga...
Ciniro   O figlia
unica amata; oh! che di’ tu? Deh! vieni
fra le paterne braccia. — Oh cielo! in atto
di forsennata or mi respingi? Il padre
dunque abborrisci? e di sí vile fiamma
ardi, che temi...
Mirra   Ah! non è vile;... è iniqua
la mia fiamma; né mai...
Ciniro   Che parli? iniqua,
ove primiero il genitor tuo stesso
non la condanna, ella non fia: la svela.
Mirra Raccapricciar d’orror vedresti il padre,
se la sapesse... Ciniro...
Ciniro   Che ascolto!
Mirra Che dico?... ahi lassa!... non so quel ch’io dica...
Non provo amor... Non creder, no... Deh! lascia,
te ne scongiuro per l’ultima volta,
lasciami il piè ritrarre.
Ciniro   Ingrata: omai
col disperarmi co’ tuoi modi, e farti
del mio dolore gioco, omai per sempre
perduto hai tu l’amor del padre.
Mirra   Oh dura,