Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. III, 1947 – BEIC 1728689.djvu/270

264 mirra
voglio, qual de’ padre ingannato e offeso,

da te sapere (e ad ogni costo io ’l voglio)
la cagion vera di sí orribil danno. —
Mirra, invan me l’ascondi: ah! ti tradisce
ogni tuo menom’atto. — Il parlar rotto;
lo impallidire, e l’arrossire; il muto
sospirar grave; il consumarsi a lento
fuoco il tuo corpo; e il sogguardar tremante;
e il confonderti incerta; e il vergognarti,
che mai da te non si scompagna:... ah! tutto,
sí tutto in te mel dice, e invan tu il nieghi;...
son figlie in te le furie tue... d’amore.
Mirra Io?... d’amor?... Deh! nol credere... T’inganni.
Ciniro Piú il nieghi tu, piú ne son io convinto.
E certo in un son io (pur troppo!) omai,
ch’esser non puote altro che oscura fiamma,
quella cui tanto ascondi.
Mirra   Oimè!... che pensi?...
Non vuoi col brando uccidermi;... e coi detti...
mi uccidi intanto...
Ciniro   E dirmi pur non l’osi,
che amor non senti? E dirmelo, e giurarlo
anco ardiresti, io ti terria spergiura. —
Ma, chi mai degno è del tuo cor, se averlo
non potea pur l’incomparabil, vero,
caldo amator, Peréo? — Ma, il turbamento
cotanto è in te;... tale il tremor; sí fera
la vergogna; e in terribile vicenda,
ti si scolpiscon sí forte sul volto;
che indarno il labro negheria...
Mirra   Vuoi dunque...
farmi... al tuo aspetto... morir... di vergogna?...
E tu sei padre?
Ciniro   E avvelenar tu i giorni,
troncarli vuoi, di un genitor che t’ama
piú che se stesso, con l’inutil, crudo,