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ATTO QUINTO
SCENA PRIMA
Ciniro.
Troppo verace amante!... Ah! s’io piú ratto
al giunger era, il crudo acciaro forse
tu non vibravi entro al tuo petto. — Oh cielo!
Che dirá l’orbo padre? ei lo attendeva
sposo, e felice; ed or di propria mano
estinto, esangue corpo, innanzi agli occhi
ei recar sel vedrá. — Ma, sono io padre
men di lui forse addolorato? è vita
quella, a cui resta, infra sue furie atroci,
la disperata Mirra? è vita quella,
a cui l’orrido suo stato noi lascia? —
Ma, udirla voglio: e giá di ferreo usbergo
armato ho il core. Ella ben merta (e il vede)
il mio sdegno; ed in prova, al venir lenta
mostrasi: eppur, dal terzo messo ella ode
giá il paterno comando. — Orribil certo,
e rilevante arcano havvi nascoso
in questi suoi travagli. O il vero udirne
dal di lei labro io voglio, o mai non voglio,
mai piú, vederla al mio cospetto innante...
Ma, (oh ciel!) se forza di destino, ed ira