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atto terzo 241
ch’io fra ’l nobile stuol de’ proci illustri

Peréo scegliessi, in me cogli anni sempre
la fatal mia tristezza orrida era ita
ogni dí piú crescendo. Irato un Nume,
implacabile, ignoto, entro al mio petto
si alberga; e quindi, ogni mia forza è vana
contro alla forza sua... Credilo, o madre;
forte, assai forte (ancor ch’io giovin sia)
ebbi l’animo, e l’ho: ma il debil corpo,
egro ei soggiace;... e a lenti passi in tomba
andar mi sento... — Ogni mio poco e rado
cibo, mi è tosco: ognor mi sfugge il sonno;
o con fantasmi di morte tremendi,
piú che il vegliar, mi dan martíro i sogni:
né dí, né notte, io non trovo mai pace,
né riposo, né loco. Eppur sollievo
nessuno io bramo; e stimo, e aspetto, e chieggo,
come rimedio unico mio, la morte.
Ma, per piú mio supplicio, co’ suoi lacci
viva mi tien natura. Or me compiango,
or me stessa abborrisco: e pianto, e rabbia,
e pianto ancora... È la vicenda questa,
incessante, insoffribile, feroce,
in cui miei giorni infelici trapasso. —
Ma che?... voi pur dell’orrendo mio stato
piangete?... Oh madre amata!... entro il tuo seno
ch’io, suggendo tue lagrime, conceda
un breve sfogo anco alle mie!...
Cecri   Diletta
figlia, chi può non piangere al tuo pianto?...
Ciniro Squarciare il cor mi sento da’ suoi detti...
Ma in somma pur, che far si dee?...
Mirra   Ma in somma,
(deh! mel credete) in mio pensier non cadde
mai di attristarvi, né di trarvi a vana
pietá di me, coll’accennar mie fere


 V. Alfieri, Tragedie - III. 16