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atto secondo 235
ucciderammi, spero... Ma no; breve

fia troppo il tempo;... ucciderammi poscia,
ed in non molto... Morire, morire,
null’altro io bramo;... e sol morire, io merto.
Euric. — Mirra, altre furie il giovenil tuo petto
squarciar non ponno in sí barbara guisa,
fuor che furie d’amor...
Mirra   Ch’osi tu dirmi?
qual ria menzogna?...
Euric.   Ah! non crucciarti, prego,
contro di me, no. Giá da gran tempo io ’l penso:
ma, se tanto ti spiace, a te piú dirlo
non mi ardirò. Deh! pur che almen tu meco
la libertá del piangere conservi!
Né so ben, ch’io mel creda; anzi, alla madre
io fortemente lo negai pur sempre...
Mirra Che sento? oh ciel! ne sospettava forse
anch’essa?...
Euric.   E chi, in veder giovin donzella
in tanta doglia, la cagion non stima
esserne amore? Ah! il tuo dolor pur fosse
d’amor soltanto! alcun rimedio almeno
vi avrebbe. — In questo crudel dubbio immersa
giá da gran tempo io stando, all’ara un giorno
io ne venía della sublime nostra
Venere diva; e con lagrime, e incensi,
e caldi preghi, e invaso cor, prostrata
innanzi al santo simulacro, il nome
tuo pronunziava...
Mirra   Oimè! Che ardir? che festi?
Venere?... Oh ciel!... contro di me... Lo sdegno
della implacabil Dea... Che dico?... Ahi lassa!...
Inorridisco,... tremo...
Euric.   È ver, mal feci:
la Dea sdegnava i voti miei; gl’incensi
ardeano a stento, e in giú ritorto il fumo