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atto quinto | 213 |
la mannaja sovr’essi. — Alma di ferro
non ho...1 Deh! Collatino, è questo il tempo
di tua pietá: per me tu il resto adempi.2
Popolo Oh fera vista!... Rimirar non gli osa,
misero! il padre... Eppur, lor morte è giusta.
Bruto — Giá il supplizio si appresta. — Udito i sensi
han del console i rei... L’orrido stato
mirate or voi, del padre... Ma, giá in alto
stan le taglienti scuri... Oh ciel! partirmi
giá sento il cor... Farmi del manto è forza
agli occhi un velo... Ah! ciò si doni al padre...
Ma voi, fissate in lor lo sguardo: eterna,
libera sorge or da quel sangue Roma.
Coll. Oh sovrumana forza!...
Valer. Il padre, il Dio
di Roma, è Bruto...
Popolo È il Dio di Roma...
Bruto Io sono
l’uom piú infelice, che sia nato mai.3
- ↑ Bruto cade seduto, e rivolge gli occhi dallo spettacolo.
- ↑ Collatino fa disporre in ordine e legare i congiurati ai pali.
- ↑ Cade il sipario, stando i littori in procinto di ferire i congiurati.