Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. III, 1947 – BEIC 1728689.djvu/172

166 bruto primo
sperare ancora! universal vendetta

pria di morir...
Bruto   Sperare? omai certezza
abbine. Il giorno, il sospirato istante
ecco al fin giunge: aver può corpo e vita
oggi al fin l’alto mio disegno antico.
Tu, d’infelice offeso sposo, or farti
puoi cittadin vendicator: tu stesso
benedirai questo innocente sangue:
e, se allor dare il tuo vorrai, fia almeno
non sparso indarno per la patria vera...
Patria, sí; cui creare oggi vuol teco,
o morir teco in tanta impresa Bruto.
Collatino Oh! qual pronunzi sacrosanto nome?
Sol per la patria vera, alla svenata
moglie mia sopravvivere potrei.
Bruto Deh! vivi dunque; e in ciò con me ti adopra.
Un Dio m’ispira; ardir mi presta un Dio,
che in cor mi grida: «A Collatino, e a Bruto,
spetta il dar vita e libertade a Roma».
Collatino Degna di Bruto, alta è tua speme: io vile
sarei, se la tradissi. O appien sottratta
la patria nostra dai Tarquinj iniqui,
abbia or da noi vita novella; o noi
(ma vendicati pria) cadiam con essa.
Bruto Liberi, o no, noi vendicati e grandi
cadremo omai. Tu ben udito forse
il giuramento orribil mio non hai;
quel ch’io fea nell’estrar dal palpitante
cor di Lucrezia il ferro, che ancor stringo.
Pel gran dolor tu sordo, mal l’udisti
in tua magion; quí rinnovarlo udrai
piú forte ancor, per bocca mia, di tutta
Roma al cospetto, e su l’estinto corpo
della infelice moglie tua. — Giá il foro,
col sol nascente, riempiendo vassi