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10 saul
Il sacro vecchio moribondo in Rama,

vero è, mi accolse; e parlommi, qual padre:
e spirò fra mie braccia. Egli giá un tempo
Saulle amava, qual suo proprio figlio:
ma, qual ne avea mercede? — Il veglio sacro,
morendo, al re fede m’ingiunse e amore,
non men che cieca obbedíenza a Dio.
Suoi detti estremi, entro il mio cor scolpiti
fino alla tomba in salde note io porto.
«Ahi misero Saúl! se in te non torni,
sovra il tuo capo altissima ira pende.»
Ciò Samúel diceami. — Te salvo
almen vorrei, Gionata mio, te salvo
dallo sdegno celeste: e il sarai, spero:
e il sarem tutti; e in un Saúl, che ancora
può ravvedersi. — Ah! guai, se Iddio dall’etra
il suo rovente folgore sprigiona!
Spesso, tu il sai, nell’alta ira tremenda
ravvolto egli ha coll’innocente il reo.
Impetuoso, irresistibil turbo,
sterpa, trabalza al suol, stritola, annulla
del par la mala infetta pianta, e i fiori,
ed i pomi, e le foglie.
Gion.   — Assai può David
presso Dio, per Saúl. Te ne’ miei sogni
ho visto io spesso, e in tal sublime aspetto,
ch’io mi ti prostro a’ piedi. — Altro non dico;
né piú dei dirmi. Infin ch’io vivo, io giuro
che a ferir te non scenderá mai brando
di Saúl, mai. Ma, dalle insidie vili...
Oh ciel!... come poss’io?... Quí, fra le mense,
fra le delizie, e l’armonia del canto,
si bee talor nell’oro infido morte.
Deh! chi ten guarda?
David   D’Israéle il Dio,
se scampar deggio; e non intera un’oste,