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ma quí mi chiaman l’armi; io dal tuo fianco

me disveller non posso: Affrica e Roma
saper pur denno, che tu sei mia sposa:
quind’io, nemico d’ogni velo ed arte,
tale or mostrarti voglio.
Sofon.   Omai secura
nel tuo giurare, e nel proposto mio,
mi acqueto... Ma, vien gente: infra i Numídi,
alle tue tende io mi ritraggo intanto.
Massin. Poiché a te piace, il fa. Scipion si avanza;
parlargli io vo’. Raggiungerotti in breve.


SCENA SECONDA

Scipione, Massinissa.

Massin. Scipione, io mai piú lieto non ti abbraccio,

che quando io riedo vincitor: piú degno
mi pare allor d’esser di te.
Scip.   Gran parte
dell’armi nostre, o Massinissa, omai
fatto sei tu; di gloria fabro a un tempo
a me tu sei: quindi sa il ciel, s’io t’amo;
e tu lo sai. — Ma, dimmi: (al roman duce
or non favelli; al tuo Scipion favelli)
riedi tu, dimmi, vincitor davvero?
Massin. Cirta espugnata, e per mia man distrutta;
rotto e disperso ogni guerriero avanzo
del morto re...
Scip.   Che parli? e ignori ancora,
che respira Siface?...
Massin.   Oh ciel! che ascolto?...
Scip. Spento in battaglia, è ver, la fama il volle.
Ei nella pugna ferito cadea,
ma non grave era il colpo; e preso quindi
da Lelio, entro al mio campo ei prigioniero...