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110 agide
farti or compagna; quell’ardir sia scorta

a te, per porre i figli nostri in salvo.
Per quanto reo Leonida e crudele
esser possa, ei t’è padre: ove i tuoi figli
fra tue braccia tu stringa; ove il tuo petto
agli innocenti miseri sia scudo;
cuor non avrá di trucidarli. Ah! corri,
vola al lor fianco, in lor difesa veglia;
per essi vivi, o sol con essi muori;
che al viver piú, nulla ti sforza allora.
Agiz. Lassa me!... che farò?... S’io te lasciassi,...
serbarmi a forza il duro padre in vita
vorria;... qual vita! orba di te... Ma, s’anco
vivi ei pur lascia i figli nostri,... il trono
a lor fia tolto... Ah! morir teco io voglio...
Agide Donna, deh! m’odi, e acquetati... Saresti
madre or men forte, che giá figlia t’eri?
L’ira mia non temevi, il dí che il padre
seguivi; e i figli, e il tuo consorte amato
per lui lasciavi; or, di quel padre istesso
tremerai tu, quando pe’ figli il lasci?
Fuggir tu puoi con essi: assai grand’arme
hai contra lui; la tua virtude: hai mille
mezzi a tentar, pria di morire. Ah sposa!
te ne scongiuro, tentali; ripiglia
l’alto tuo core, e non mi torre il mio,
coi non maschi lamenti. Or, deh! vorresti
ch’io morissi piangendo? ah! no. — Se degna
d’Agide sei, non mi sforzare a cosa
che sia d’Agide indegna.
Agiz.   E di qual padre
fu indegno mai l’amar suoi figli, il porgli
a se medesmo innanzi?
Agide   Ai figli innanzi
la patria va. Sacro il mio sangue ad essa
ho da gran tempo; ai nostri figli amati
tu dei, s’è d’uopo, il tuo donar: ma prova