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ATTO QUINTO
SCENA PRIMA
Interno del carcere di Sparta.
Agide.
Fere urla io sento, e un immenso frastuono
intorno al carcer mio. — Numi di Sparta,
deh! salvatela voi. — Duolmi, che un ferro
io non serbava, onde troncare a un tempo
con la mia vita ogni tumulto. A lungo
pur tardar non dovrian quei che a svenarmi
mandati avrá Leonida. — Consorte,...
diletti figli,... amata madre,... addio...
Piú non vedrovvi!... A voi, memoria cara
lascio di me... Ma, per la madre io tremo:
sta in poter di Leonida... Che ascolto?
Chi vien? Si schiude il carcere!... Che miro?...
O mia sposa...
SCENA SECONDA
Agide, Agiziade.
Agiz. Son teco, Agide amato...
Dalla reggia del padre or mi sottraggo,
ove a custodia ei mi tenea. La plebe,
del tuo carcer la strada hammi disgombra;