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atto quarto 105
che la mente or vi acciecano, e di pochi

in man ridotti, ai possessori al pari
fan danno, e a chi n’è privo; i campi, e l’oro,
per non voler dividerli coi vostri
concittadini, a voi fian tolti, e in breve,
dai nemici. La plebe, a voi sí vile
perché mendica; la spartana plebe,
che abborre voi ricchi possenti e forti
piú delle leggi, è molta; aspra la stringe
necessitá feroce. Ove a voi giovi
rimembrar, che di Sparta e di Licurgo
figli son essi al par di voi, ben ponno
splendor di Sparta esser costoro ancora,
e in un, di voi salvezza. In altra guisa,
Sparta e se stessi annulleranno, e voi.
Maturo è omai, credete a me, maturo
è il cangiamento: il ciel non vuol ch’io ’l vegga;
ma vuol ch’ei segua: ad affrettarlo è d’uopo
d’Agide il sangue, e il sangue Agide dona.
Di voi pietá, non di me, sento: e queste,
parole son d’uom che morir sol brama,
e che non reca altro desire in tomba,
che di salvar la patria sua. Giá posto
d’Agide in salvo il nome: a far me grande,
ch’altri ad effetto i miei disegni adduca
non fia mestier; anzi, gran parte invola
a me di gloria il riuscir d’altrui,
dopo il tentar mio vano. Ultimo sfogo
di vostra rabbia, il mio morir sia dunque;
di vostra invidia spenta il frutto primo
sia la virtú ripatríata, e l’alte
divine leggi di Licurgo in forza
tornate, e la spartana eccelsa gara
di patrio amor, di libertade, e d’armi.
Popolo Grande è l’animo d’Agide: ingannati
forse noi fummo...