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102 agide
non eri tu. Mezzi a me pur di fuga

non mancavan finora; e al carcer venni,
ed in giudicio stommi: e, qual ch’ei fia,
no, nol pavento. Io ’l desiava, e godo
di udire al fin; di farmi udire io godo.
Anfar. Infrante hai tu le patrie leggi?
Agide   Intere
restituir le sacre leggi io volli
del gran Licurgo: elle non fur mai tolte,
ma inosservate, or da gran tempo. Opporsi
volle a sí giusta e generosa impresa
Leonida: pria l’arte, indi la forza
oprava in ciò; ma entrambe invano: allora
vinto ei piú dalla propria sua vergogna,
che dalla forza altrui, per minor pena
ei s’imponea l’esiglio. Ei stesso il dica,
se danno io poscia, o securtade e vita
a lui recassi. Al suo fuggir, sol uno,
di Sparta un grido, ogni oprar suo biasmava,
ogni mio benediva. Allora spenti
eran gl’iniqui crediti; comuni
feansi allor le ricchezze; allora in bando
uscian di Sparta il lusso, e i vizj insieme,
e il torpid’ozio: e risorgeano, in somma,
virtude allora, e libertade. Avreste
voi di negarlo ardire? — Ecco i delitti
del mio breve regnar, dopo la fuga
di Leonida vostro.
Anfar.   Osi tu forse
negare ancor, che di tai beni all’esca
colti e delusi i cittadini, in breve
non fosser tratti a fero strazio? I campi
promessi ognora, e non divisi mai;
fatti i ricchi, mendici; entrambi oppressi;
negherai tu, che a trasgredite leggi,
quai tu nomi le nostre, allor la cruda