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80 | ottavia |
d mossa plebe.
Ottav. Oimè! che fia?
Seneca Che temi?
Soli noi siam, che in questa orribil reggia
paventar non dobbiamo...
Ottav. Ognor piú cresce
il tumulto. Ahi me misera! in periglio
forse è Neron... Ma chi vegg’io?
Seneca Nerone;
eccolo, e viene.
Ottav. Oh, di qual rabbia egli arde
nei sanguinosi occhi feroci! — Io tremo...
SCENA SECONDA
Nerone, Ottavia, Seneca.
vaneggi Roma al tuo tornare; ed osi
gridar tuo nome? Or quí, che fai? che imprendi
con questo iniquo traditore? entrambi
state in mia possa. Invan la plebe stolta
vederti chiede. Ah! se mostrarti io deggio,
spero, qual merti, almen mostrarti; estinta.
Ottav. Di me, Neron, come piú il vuoi, disponi.
Ma di ogni moto popolar, deh! credi
che innocente son io. Nulla (tel giuro)
chieggo, né spero, io dalla plebe: e dove
nuocerti pur, mal grado mio, potessi,
col mio supplizio il non mio error previeni.
Ner. Rea, qual ti sei, pria di punirti, io voglio
che ogni uom te sappia.
Seneca Ed ingannar tu speri
con sí turpe menzogna il popol tutto?
Ner. Tu pur, tu pure, instigator codardo