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68 ottavia
onde costei si spenga; apporle falli,

ove non n’abbia; quanta è in te destrezza,
adoprar tutta; andar, venir, tenerlo,
aggirarlo, acciecarlo; e vegliar sempre: —
ciò far tu dei.
Tigel.   Ciò far vogl’io: ma il mezzo
ottimo a tanto effetto in cor giá fitto
Neron si avrá; non dubitar: nell’arte
di vendetta è maestro: e, il sai, si sdegna
s’altri quant’ei mostra saperne.
Poppea   All’ira
tutto il muove, ben so. Meco ei sdegnossi
del soverchio amor mio poc’anzi; e fero
signor giá favellava a me dal trono.
Tigel. Nol provocare a sdegno mai: tu molto
puoi sul suo cor; ma, piú che amor, può in lui
impeto d’ira, ebrezza di possanza,
e fera sete di vendetta. Or vanne:
meco in quest’ora ei favellar quí suole:
ogni tua cura affida in me.
Poppea   Ti giuro,
se in ciò mi servi, che in favore e in possa
nullo fia mai ch’appo Neron ti agguagli.


SCENA SECONDA

Tigellino.

Certo, se Ottavia or trionfasse, a noi

verria gran danno; ma, Neron mi affida.
Troppo è il suo sdegno; troppa è l’innocenza
d’Ottavia; scampo ella non ha. — Grand’arte
oggi adoprar con esso emmi pur d’uopo:
al suo timor dar nome di consiglio
provido; e fargli, a stima anco dei saggi,
parer giustizia ogni piú ria vendetta. —