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atto primo 59
tu non vorrai da quel di pria diverso

mostrarmiti.
Seneca   Consiglio a me, pur troppo!
chieder tu suoli, allor che in core hai ferma
giá la feral sentenza. Il tuo pensiero
noto or non m’è; ma per Ottavia io tremo,
udendo il parlar tuo.
Ner.   Dimmi; tremavi
quel dí, che tratto a necessaria morte
il suo fratel cadeva? e il dí, che rea
pronunziavi tu stesso la superba
madre mia, che nemica erati fera,
tremavi tu?
Seneca   Che ascolto io mai? l’infame
giorno esecrando rimembrar tu ardisci? —
Entro quel sangue tuo me non bagnai;
tu tel bevesti, io tacqui; è ver, costretto
tacqui; ma fui reo del silenzio, e il sono,
finch’io respiro aura di vita. — Ahi stolto,
ch’io allor credetti, che Neron potria
por fine al sangue col sangue materno!
Veggo ben or, ch’indi ha principio appena. —
Ogni nuova tua strage a me novelli
doni odiosi arreca, onde mi hai carco;
né so perché. Tu mi costringi a torli;
prezzo di sangue alla maligna plebe
parran tuoi doni: ah! li ripiglia; e lascia
a me la stima di me stesso intera.
Ner. Ove tu l’abbi, io la ti lascio. — Esperto
mastro sei tu d’alma virtú: ma, il sai,
ch’anco non sempre ella si adopra. Intatta
se a te serbar piacea l’alta tua fama,
ed incorrotto il cor, perché l’oscuro
tuo patrio nido abbandonar, per questo
reo splendore di corte? — Il vedi: insegno
io non Stoico a te Stoico; e sí il mio senno,