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38 rosmunda
dimmi; perché? Forse in un giorno istesso

scudo al tuo prence e traditor vuoi farti?
Ildov. Ch’io ti fui scudo, il taci; altra non feci
macchia al mio onor; nol rimembrar: se nulla
lavarla può, certo il puoi tu, col darmi
la mercé, che mi dai.
Romil.   Perfido, ardisci
venirne in armi al mio cospetto, e fingi
pur moderata voglia?
Almac.   Io, no, non fingo.
Poiché co’ detti invan, forza è coll’opre
ch’io ti provi il mio amore.
Ildov.   Iniquo...
Romil.   Ed osi
ancora?...
Almac.   Ove il vogliate, udir farovvi
accenti non di re: ma, se il negaste,
mi udreste, a forza. Alla fatal mia fiamma
piú non è tempo or di por modo: invano
io ’l volli; invan voi lo sperate. Ascosi
mezzi adoprar per acquistarti, io sdegno;
ma, ch’altri t’abbia per ascosi mezzi,
nol soffrirò giammai. Tu di rapirla
tenti; di te degno non parmi; imprendi
strada miglior; presto son io, tel giuro,
a non mi far di mia possanza schermo.
Ildov. E se non fai del mal rapito scettro
al mio furor tu schermo, or di che il fai?
Di nobil cor qual menzognera pompa
osi tu far, quí d’ogni intorno cinto
di satelliti infami?
Almac.   Al fianco io tengo
costoro, è ver, se tu mio egual per ora
farti non vuoi. — Di re corteggio è questo;
ma questo è brando di guerrier; sol meco
resta il brando; costor spariscon tutti