Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. II, 1946 – BEIC 1727862.djvu/325


atto terzo 319
Raim.   Omai

starvi securo puoi: giá pria di terza
han mal compiuto quí lor pubblic’opra.
Del dí l’avanzo, essi in bagordi e in sozza
gioja il trarran, mentre piangiam noi volgo.
Perciò venire io quí ti feci; e il padre
pur v’invitai. Stupore avrá da pria
nel vederti: l’ardir, la rabbia poscia,
e l’immutabil fero alto proposto,
o di dar morte o di morir, ch’è in noi;
io ciò tutto dirogli: a me si aspetta
d’infiammarlo. Ma intanto, egli oda a un punto,
che può farsi, e che fatta e la congiura.
Salv. Ben ti avvisi: piú t’odo, e piú ti stimo
degno stromento a libertá. Tu nato
sei difensor, come oppressor son essi.
Fia di gran peso a indur Guglielmo il sacro
voler di Roma: in cor senil possenti
que’ pensier primi, che col latte ei bevve,
son vie piú sempre. Ognor dagli avi nostri
Roma creduta, a suo piacer nefande
nomò le imprese a lei dannose; e sante,
quai che si fosser, l’utili. Ci giovi,
se saggi siam, l’antico error: poich’oggi,
non com’ei suole, il successor di Piero
dei tiranni è nemico, oggi ne vaglia,
pria d’ogni altr’arme, il successor di Piero.
Raim. Duolmi, e il dico a te sol; non poco duolmi,
mezzo usar vile a generosa impresa.
La via sgombrar di libertá, col nome
di Roma, or stanza del piú rio servaggio:
eppur, colpa non mia, de’ tempi colpa!
Duolmi altresí, che alla comun vendetta
far velo io deggio di private offese.
Di basso sdegno il volgo crederammi
acceso; ed anco, invidíoso forse