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atto secondo 315
Loren.   Nemica tanto,

Bianca, or sei tu del sangue tuo, che il dritto
piú non discerni? Hai con Raimondo appreso
ad abborrirci tanto, che omai noto
il nostro cor piú non ti sia? Null’altro
far vogliam noi, che prevenir gli effetti
del suo livore. Ad ovviar piú danno,
benigni assai, piú ch’ei nol merta, i mezzi
da noi si adopran; credilo.
Bianca   Fratelli,
cari a me siete; ed ei mi è caro: io tutto
per la pace farei. Ma, perché darmi
in moglie a lui, se v’era ei giá nemico;
perché oltraggiarlo, se a lui poi mi deste?
Giul. Che alla baldanza sua freno saresti
sperammo noi...
Loren.   Ma invan: tale è Raimondo,
da potersi pria spegner che cangiarlo.
Bianca Ma voi, que’ modi onde si cangia un core
libero, invitto, usaste voi mai seco?
Se il non essere amati a voi pur duole,
chi vel contende, altri che voi?
Loren.   Deh! come
quel traditore ha in te trasfuso intero
il suo veleno! Egli da noi ribella
te nostra suora; or, se opreran suoi detti
in cor d’altrui, tu il pensa.
Bianca   A grado io forse
il regnar vostro avrei, se un uom vedessi
dalla feroce oppressíon di tutti
esente, un solo; e l’un, Raimondo fosse:
Raimondo, a cui d’indissolubil nodo
voi mi allacciaste; in cui giá da molti anni
inseparabil vivo, e ingiurie mille
seco divido e soffro; a cui d’eterna
fede e d’amor (misera madre!) io diedi
cara pur troppo e numerosa prole: —