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290 maria stuarda
desti a pietade?... Ahi! sovra te la cruda

bipenne piomba!... Io miro entro a vil polve
rotolar tronco il coronato capo!...
E invendicato sei?... Pur troppo, il sei:
che a vendetta piú antica era dovuta
l’alta tua testa giá. — Pugnar,... ritrarsi,...
spaventare,... tremar;... quante a vicenda
regali scorgo ombre minori! Oh schiatta
funesta altrui, come a te stessa! i fiumi
fansi per te di sangue... E il merti?... Ah! fuggi,
per non piú mai contaminar col tuo
piè questa terra: va; fuggi; ricovra
lá, di viltade in grembo; agli idolatri
tuoi pari appresso: obbrobriosi giorni,
quivi favola al mondo, onta del trono,
scherno di tutti, orribilmente vivi...
Maria Che sento?... Oimè!... Quale incognita possa
han sul mio cor quei detti!...
Lamor.   — Oh, d’agitata
mente, di accesa fantasia, di pieno
invaso petto alti trasporti! or dove
me traeste?... Che dissi?... Ove mi aggiro?...
Che vidi?... A chi parlai?... La reggia è questa?
La reggia?... O stanza di dolore e morte,
io per sempre ti lascio.
Maria   Arresta...
Lamor.   O donna,
di’; consiglio cangiasti?
Maria   Ahi me infelice!...
Omai... respiro... appena. Io dunque deggio
dar di nuocermi il campo?...
Lamor.   Anzi, dei torre
campo al nuocer; ma pria, veder chi nuoce.
Che a te Botuello non sia noto appieno,
il crederò, per tua discolpa: è tale
quel rio fellon, da stupir quanti iniqui