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22 rosmunda
Ildov.   Non creder ch’io m’acciechi:

di ragion salde io m’avvaloro. Aggiungi
ch’anco Almachilde all’empie nozze opporsi,
come l’udisti, ardisce.
Romil.   E in lui che speri?
Ildov. Dove costretto di abbassarmi all’arte
foss’io pur, per salvarti, in lui non poco
spero. Ben veggo, che la ria consorte
giá rincresciuta gli è. Capace ancora
ei mi par di rimorsi; il timor solo
ch’egli ha di lei, dubbio ondeggiante il rende.
Quant’egli or mal vieta a Rosmunda in detti,
ben posso io far, ch’ei meglio in opre il vieti.
L’ardir suo mezzo con l’ardir mio intero
ben rinfrancar poss’io.
Romil.   Tu mal conosci
Rosmunda. Inciampo alle sue voglie stimi
ch’esser possa la forza? Ad Almachilde
io porsi preghi (e duolmene) perch’egli
per me pregasse. Ahi stolta! Un uom, che vende
la sua fama e se stesso a iniqua moglie;
che all’obbedir suo cieco al par che infame
tutto debbe quant’è, né ad altro il debbe,
mi ajuterá contr’essa?
Ildov.   Anzi che annotti,
o sian preghi, o minacce, o colpi sieno,
faccia il destin ciò che piú vuol; purch’io
te non perda: ma assai del dí ne avanza.
Se in altri io debba, o in me fidar soltanto,
tosto il saprò. Quí riedo a te, fra breve:
se a noi rimedio allor riman sol morte,
morte sará. L’estremo addio, che darmi
or vuoi, ricevo allor; ma dato appena
a me lo avrai, ch’ebro d’amore, e d’ira,
e di vendetta, atro sentier di sangue
aprirmi io giuro... Almen molt’altre morti