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atto secondo 259
appare a te, tranne il tuo sposo: ed egli

è pure il solo, in cui private mire
non si ponno albergare...
Maria   O almen, nol denno. —
Ma, cessa omai: tu nel mio cor la piaga
del diffidare apristi; e tu la sana.
Non che il rancor, né la memoria pure
io ne serbo, tel giuro; or, deh! mel credi.
Ma lo star lungi non accresce affetto,
né il sospettar minora. Al fianco stammi;
ognor beato io stimerò quel giorno,
ov’io prove d’amor, per una, mille
contraccambiare a te potrò. Maligna
gente non manca, il so, cui fra noi giova
il mantener la ria discordia; e forse
fomentarla si attenta. Ma, se appresso
mi stai tu sempre, in chi altri mai poss’io
piú affidarmi, che in te?
Arrigo   Dolci parole
odo, ma fatti ognor piú duri io provo.
Maria Ma, che vuoi? parla: io farò tutto...
Arrigo   Io voglio
re, padre, sposo, essere in fatti; o i nomi
spogliarmen vo’...
Maria   Meno il mio cor, vuoi tutto.
Piú che la chiesta tua duro è il rifiuto;
pur voglia il ciel, che almen di ciò ti appaghi!
Sí, tutto avrai, quanto in me sta; sol chieggio
da te, che alcun contegno, al mondo in faccia,
meco almen serbi, e che all’antica mostra
di spregiarmi non torni. Altrui, deh! lascia
creder, che almen mi estimi, se non m’ami.
Tel chieggo a nome del comune pegno,
non del tuo amor, del mio. L’amato nostro
unico figlio, il rivedrai; fia reso
agli amplessi paterni: ei ti rammenti