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atto secondo 19
ti aspetta, e lieta marital ventura.

Almac. Ma, d’Alarico...
Rosm.   E che? non degno forse
fia di sua man tal re?
Almac.   Sí crudo...
Rosm.   Crudo,
quanto Alboín? Costei di un sangue nasce,
cui mai novella crudeltá non giunge,
qual ch’ella sia.
Ildov.   Tai nozze...
Almac.   A tutti infauste...
Rosm. Spiaccionti?
Almac.   Niega ella il consenso...
Rosm.   E il nieghi:
io v’acconsento.
Romil.   Ch’ei di te sia meno
spietato, duolti?
Rosm.   E a te pietoso il credi?
pietoso a te? ch’osi tu dir? Non sente
di te pietá: mal ti lusinghi...
Ildov.   Io, quanta
sentir sen può, tutta la sento; e il dico;
e il mostrerò, se mi vi sforzi. Un tale
strazio chi può d’una regal donzella
mirar, chi ’l può, senza pietá sentirne?...
Rosm. Pietade ogni uom, tranne Almachilde, n’abbia.
Ildov. Se ancor memoria dei recenti allori,
ch’oggi a te miete il brando mio, tu serbi,
il mio consiglio udrai. Danno tornarti
può, se Romilda oltraggi.
Almac.   E assai gran danno.
Ildov. Saggia sei, se nol fai...
Rosm.   Saggia è Romilda;
e a mia voglia fará. Tu, i tuoi consigli
serba ad altrui. Giá i tuoi servigj vanti?
Che festi? il dover tuo. — Ma tu, consorte,