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236 lettera dell’abate cesarotti


vista; io acconsento che non si dee mostrar Medea trucidante i suoi figli; ma bensí credo tra le cose che mostrare si possono, essere una delle non reprensibili il mostrare il figlio di un re ucciso e spogliato del trono, trucidante il tiranno uccisore del padre, e usurpatore del proprio soglio. Onde, con altro precetto d’Orazio giustificherò una tal mostra: Il narrare fa assai minore impressione, che l’esporre agli occhi. Ma la possibilitá di un tal fatto nel modo in cui io lo espongo, va pur dimostrata.

Si osservi, che il vero popolo presente alla pompa nuziale è pochissimo, in paragone dei soldati e altri fautori del tiranno. Si osservi, ch’egli se ne sta taciturno, perché atterrito è. Si osservi, che Polifonte espressamente ha scelto l’atrio della reggia per tal funzione, come luogo piú ristretto che il tempio; luogo ov’egli può ammettere ed escludere chi vuole; luogo, a cui Egisto, Polidoro, e Merope, per arrivarvi non debbono né uscir dalla reggia, né mostrarsi alla moltitudine. Verissimo è, che Merope venendo sforzatamente alle nozze, col mostrare al popolo la sua ritrosia, rende in gran parte inutile l’ipocrisia del tiranno; ma egli non poteva antivedere, che Merope, soprastando tuttavia il pericolo del figlio, ardirebbe fare in faccia al pubblico queste dimostrazioni. Dice il critico, che Polifonte non dovea credere a Polidoro; ma pure egli potea benissimo credergli, perché gli parlava in nome di una madre bramosa e risoluta di salvare il figlio a qualunque suo costo. Polidoro avea detto al tiranno, Merope esser presta alle nozze; e in fatti Merope lo era: ma alla vista di quel popolo, fra cui ella crede, o spera d’aver dei fautori; di quel popolo, la cui presenza poc’anzi ha frenato, e impedito il tiranno di farle uccidere il figlio; si risveglia in lei la speranza di poterlo commovere parlandogli. Dunque su questa fidanza, aggiunta all’orribile ribrezzo che ella prova nel venire a tai nozze coll’uccisor del marito, ella s’induce inopinatamente a testimoniare al popolo la sua estrema ripugnanza per Polifonte. Ma, che fa allora il tiranno? con studiata pompa di accorta franchezza rende conto dei suoi piú intimi pensieri a riguardo d’Egisto, o sia egli, o non sia figliuolo di Cresfonte; e cosí, mezzo fra atterrito e persuaso, quel popolo si riduce al punto, che nulla ardisce; e non sa, né come, né cosa operare in favore di Merope: e benché egli non ami Polifonte, pure in tutto questo suo operare non lo può tacciar né d’ingiusto né di crudele; parendo egli volere col mezzo di queste nozze troncare ogni discordia, e restituire i suoi pristini dritti a ciascuno.