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atto quarto 207
Mer.   Deh!... m’odi...

Polif. Scegli. — Ti lascio. A posta vostra ordite
vane menzogne; in mio poter vi ho tutti. —
Guardie, qual di costoro uscir tentasse
or della reggia, trucidato ei cada.


SCENA QUINTA

Merope, Polidoro, Egisto.

Guardie nel fondo della scena.

Mer. Oh figlio amato!... unico figlio!... Appena

credere il posso... E uccider io ti volli?
Io?... Ma nel cor ben mi sentia possente
un ritegno inspiegabile... Ma quali
duri patti a me il rendono?... Che dico?
Dolce ogni patto, che il figliuol mi rende.
Egisto Misero me! Deh, quanto meglio egli era
ch’io perissi bambino! O madre, or dove,
dove ti traggo!...
Polid.   Odi, o regina; il vuole
necessitá fatale. Il fero colpo
sospeso è solo or dalla speme iniqua,
che nel tiranno entrò d’acquistar tempo,
e non sí accrescer l’odio. Ove ottenerti
sposa ei pur possa, i suoi feroci patti
ei ti atterrá per ora: ove tu il nieghi,
come a piú corto mezzo, al sangue ei torna.
Or sí t’è d’uopo, or, se il fu mai, mostrarti
madre, e non altro. Di te stessa orrendo
sacrificio tu fai; ma il fai pel figlio...
Mer. Che non farei per lui? Qual dubbio?...
Egisto   Ah madre!...
Polid. Ma, compiuto ch’ei sia, risorgon molte
speranze allor. Finga il tiranno; io spero
che il preverremo. I nostri amici antichi