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atto secondo 183



SCENA QUINTA

Egisto.

... Che mai sará! Dentro il suo cor qual prova

martíro al mio parlare? Or, piú che tigre,
mi si avventa adirata: or, piú che madre,
dolce mi parla; e tenera e pietosa
mi guarda, e piange. A lei qual può mai doglia
quell’ucciso arrecare? Ov’ella affatto
orba madre non fosse, e da gran tempo,
parria che a lei svenato avessi un figlio.
Ma pur, chi sa?... forse alcun altro avea,
che caro l’era: o a’ suoi disegni forse
stava aspettando alcuno; e quei... Ma invano
io vò dicendo; io nulla so. — Ben vedi,
Egisto; or vedi, se diceati vero
il tuo vecchio buon padre: «I grandi mai
non abbassarti a invidíar; son essi
piú infelici di noi». Vero è, pur troppo:
né posso omai del mio destin dolermi,
qual ch’io me l’abbia, ove pur tragger veggo
sí dolorosa vita da tanto alta
donna, or deserta. — Ma, giá giá si annotta:
poiché l’uscir di quí m’è tolto, il piede
nel regal tetto inoltrerò: di questo
sangue mondarmi voglio. Ah! cosí tormi
potessi il fallo mio! — Ma, giusto è il cielo;
e tutto sa: puniscami, s’io il merto.