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174 merope
glie la rattengo, immota. Quando ei troppo

debil si scorge al paragone, a finta
mercede viene; io ’l credo, il lascio; ei tosto
a tradimento un colpo, qual quí il vedi,
mi vibra; i panni squarcia; il colpo striscia:
lieve è il dolor, ma troppa è l’ira: io cieco,
di man gli strappo il rio pugnal;... trafitto
nel sangue ei giace.
Polif.   Assai tu se’ valente,
se veritiero sei.
Egisto   Troppo mi dolse,
sfuggito appena il colpo di man m’era.
Non uso al sangue, io m’avvilii, temetti;
che far, non mi sapea: prima il coltello
lanciai nel fiume; indi pensier mi venne
pur di lanciarvi il misero; di torre
ogni indizio cosí, parvemi; e il feci. —
Vedi, se avvezzo era a’ delitti; ahi folle!
cosí com’era insanguinato, io corsi,
senza saper dove mi andassi, al ponte.
Ivi da’ tuoi, ch’io non fuggía, fui preso;
e quí m’han tratto. — Io nulla tacqui; il giuro.
Polif. Simile assai parmi il tuo dire al vero:
tu ben mi fai certa pietá; ma il chiede
giustizia pur, ch’abbi tua pena. Io voglio,
non a malizia, ascriverti a sventura
l’aver tu il corpo, semivivo forse,
sepolto lá nei vorticosi gorghi
di rapid’onda: ma il delitto tuo
quindi aggravasti, anco tu stesso il vedi:
che s’uom malvagio era colui, qual dici,
quali pur troppo attorno van molti altri,
torbidi figli di civili risse,
meglio era assai per te. Forse a salvarti
sol basterebbe or dell’ucciso il nome.
Egisto Me misero! s’egli è destin ch’io cada