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148 timoleone
si appiglian or, nemici imbelli. Anch’essi

hanno i lor traditori: invan risposta
aspettan da Micéne; invan corrotto
hanno alcuni de’ miei: m’è noto il tutto:
lor passi, opre, pensier, so tutto appieno.
A lor non credo io soggiacer; ma, dove
ciò accada pur, mai non mi arretro io, mai.
Men biasmo a loro era il mostrarmi aperta
rabbia; ma volto hanno alla fraude il core?
Della lor fraude vittime cadranno.
Demar. Oimè!... sei tu sí snaturato forse,
che il fratel tuo?... Crudele!...
Timof.   Ei mi dá taccia
di tiranno; ma pur, figlio, e fratello,
piú ch’ei non è, son io. Madre, tuttora
darei mia vita, per salvar la sua:
se lui dagli altri miei nemici io scerna,
pensar puoi quindi. Echilo ed egli, or soli
salvi ne andranno dalla intera strage,
che sta per farsi...
Demar.   Oh ciel! di nuove stragi
parli tu ancora? Oimè! che fai? T’arresta;
io tel comando. Ah, che in tuo danno io troppo
tacqui finora! il condiscender molle
rea pur mi fa; meco a ragion si accende
Timoleon di giusto sdegno...
Timof.   È fisso
irrevocabilmente il mio destino:
o regno, o morte. — Invan t’adiri; invano
preghi, piangi, minacci. Uscí il comando
di morte giá; pel sol fratello io stommi,
tremante omai; che il militar furore
mal può frenarsi. A te, d’entrambi madre,
si aspetta il far ch’ogni consesso ei sfugga:
deh! tutto in opra poni, perch’ei venga
a ricovrar fra noi. Da lui non seppi