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atto quarto 147
piú per Corinto;... per voi soli io tremo.

Mal ne’ soldati suoi si affida incauto
Timofane... Deh! madre, ultimi preghi
io ti porgo. Se cara hai la sua vita,
per la sua vita ti prego. Sospesa
io solo in alto sul suo capo or tengo
dei cittadin l’ultrice spada: io solo
or del tiranno ai giorni un giorno aggiungo:
io, che nel sangue del tiranno il primo
dovrei bagnarmi, ahi ria vergogna! io ’l serbo.
Tu del mio dir dunque fa senno; e credi
che irati tanto ancor non ha i suoi Numi
Corinto, no, che annichilar si deggia
al cospetto d’un solo. — Ecco il tiranno.
Seco non parlo io piú; tutto a lui dissi. —
Se mal ne avvien, di te poi sola duolti.


SCENA SECONDA

Demarista, Timofane.

Timof. Timoleon mi sfugge?

Demar.   Ah figlio!...
Timof.   E tanto
ei ti turbò? Tu nol cangiasti dunque?
Demar. Oh cielo! al cor suoi detti m’eran morte...
Trema; un sol dí, questo sol dí, ti avanza...
Timof. Ch’io tremi? è tardi; or ch’io l’impresa ho tratta
a fine omai.
Demar.   Quanto t’inganni!... Ah! forse,
senza il fratello tuo, piú non saresti...
Timof. Mi hai tu sí a vil, che quant’io nego ai preghi,
speri ottenere or dal terrore? Io parlo
piú aperto ch’egli, assai: non lieve prova
ti sia il mio dir, che nulla io temo. — Tutte
so le lor trame; io so, che all’arte indarno