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124 timoleone
a reo poter, ma per lasciartene una

al pentimento.
Timof.   E ad un tal fine intanto
scegliesti in vece mia nuovi fratelli
fra’ miei piú aperti aspri nemici...
Timol.   Ho scelto
i pochi amici della patria, in loro.
Non perch’io t’odio, perch’io lei molt’amo
son io con quelli; e per sospender forse
(poiché distor tu non la vuoi) quell’alta
vendetta giusta, che alla patria oppressa
negar non può buon cittadino. I primi
impeti regi in te frenar non volli;
pur troppo errai: per risparmiarti l’onta,
che a buon dritto spettavati, lasciai
spander sangue innocente; o se pur reo,
fuor d’ogni uso di legge da te sparso.
Troppo t’amai; troppo a te fui fratello,
oltre il dover di cittadino. Accolsi
lusinga in me, che gli odj, il rio sospetto,
e il vil terror, che a gara squarcian sempre
il dubbio cor d’ogni uom, che farsi ardisce
tiranno, a brani lacerando il tuo,
pena ti foran troppa; e sprone a un tratto
all’emendarti... Io ciò sperai; lo spero;
sí, fratello; e tel chieggio; e di verace
fraterno e in un cittadinesco pianto,
(inusitata vista) oggi la gota
rigar mi vedi; e supplichevol voce
d’uom, che per se mai non tremò, tu ascolti.
È sorto al fine il dí; giungesti al punto
infra tiranno e cittadin, da cui
o ti è forza arretrarti, o a me fratello
cessar d’esser, per sempre.
Timof.   Archida parla,
in te: pur troppo i sensi suoi ravviso!