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atto quinto 103
Lasciarmi esposta alle mal compre accuse

d’ogni ribaldo hai core? alla efferata
del rio Nerone insazíabil ira?
Seneca ... Oh giorno infausto! Or perché vissi io tanto?
Ottav. Ma, e che t’arresta?... e che paventi?... Ancora
forse hai speme?
Seneca   Chi sa?...
Ottav.   Tu, men ch’ogni altri,
speri: Neron troppo conosci: hai fermo
tu per te stesso (e certo a me nol nieghi)
sfuggir da lui con volontaria morte:
tu, fermo in ciò, da men mi credi; e m’ami?
Tremendo ei m’è, fin che dell’alma albergo
queste misere mie carni esser veggio.
Oh qual può farne orrido strazio! e s’io
alle minacce, ai tormenti cedessi?
Se per timor mi uscisse mai del labro
di non commesso, né pensato fallo,
confessíon mendace?... Da lunghi anni
uso a mirar dappresso assai la morte,
tu stai securo: io non cosí; d’etade
tenera ancor, di cor mal fermo forse;
di delicate membra; a virtú vera
non mai nudrita; e incontro a morte cruda
ed immatura, io debilmente armata;
per te, se il vuoi, fuggir poss’io di vita;
ma, di aspettar la morte io non ho forza.
Seneca Misero me! co’ miei cadenti giorni
salvar sperava i tuoi. Dovea la plebe
udir da me le ascose, inique, orrende
arti del rio Neron;... ma invano io vissi:
tace la plebe; ed altro omai non ode
che il timor suo. Di questa orribil reggia
mi è vietato l’uscire... Oh ciel! chi vale
contro empio sir, s’empio non è?
Ottav.   Tu piangi?...