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4 rosmunda
segue or di Clefi le ribelli insegne;

uom di sangue non vil fra’ suoi non conta:
degno egli è ben, che tu per lui parteggi.
E tu, di re sei figlia? Oh, in ver felice
il mio destin, che madre a te non femmi!
Nata di re, tu vile esser puoi tanto,
che veder vogli la regal possanza
col trono a terra?
Romil.   Anzi che iniquo il prema
contaminato usurpatore, a terra
veder vo’ il trono. E tu, consorte e figlia
fosti di re? tu, che di sposa osasti
a un traditor tuo suddito dar mano?
Rosm. A ogni uom, che far le mie vendette ardisse,
dovuto premio era mia mano. A infauste
nozze col crudo padre tuo mi trasse
necessitá feroce. Orfana, vinta,
m’ebbe Alboín, tinto del sangue ancora
dell’infelice mio padre Comundo:
l’empio Alboín, disperditor de’ miei,
depredator del mio paterno regno,
di mie sventure insultatore. Al fine
dal duro fatal giogo di tanti anni
io respiro. Il rancor, che in me represso
sí a lungo stette, or fia che scoppi: or voglio
te d’Alboín figlia abborrita, (ond’io
madre non son per mia somma ventura)
te vo’ sgombrar dagli occhi miei per sempre.
Sposa ti mando ad Alarico.
Romil.   Io sposa?...
Io, d’Alarico?...
Rosm.   Sí. Poca vendetta
a te par questa; e poca io pur l’estimo,
al mal che femmi il padre tuo; ma tormi
dal cospetto mi giova ogni empio avanzo
del sangue d’Alboíno. In cambio darti