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2 | lettera di ranieri calzabigi |
Quanti da un solo suo pensiero, passandolo alla trafila, ne ricaveranno interi periodi, ed anche scene intere? Ella c’insegna
Magnumque loqui, nitique cothurno; |
spoglia la nostra tragica Musa dei cenci de’ quali finora andò sconciamente vestita; ci consola delle nostre miserie drammatiche; e ci mette in possesso di qualche ricco e decoroso manto, col quale mostrarci possiamo non inferiori a quella nazione che con giustizia, fino al giorno d’oggi, ci ha guardati con occhio di compassione, e meritamente derisi.
Se alcuno di tranquilla pazienza dotato si accinge a leggere, amico stimatissimo, quelle poche nostre tragedie, che, separate da un immenso numero di storpiate sorelle, si stampano tuttavia col fastoso titolo di scelte, e si annunziano come modelli; se, facendo forza a se stesso, ardisce scorrerle dal principio al fine; si dia luogo al vero, cosa mai ci trova? Piani stravolti, complicati, intralciati, inverisimili, e sceneggiatura male intesa; personaggi inutili; duplicitá di azione; caratteri improprj; concetti o giganteschi, o puerili; versi languidi; frasi stiracchiate; poesia non armonica, o non naturale: ed il tutto poi corredato di descrizioni, di paragoni fuor di luogo, di squarci oziosi di filosofia, di politica; intrecciati d’amoretti svenevoli, di leziose parole, di tenerezze triviali, che ad ogni scena s’incontrano. Della forza tragica, dell’urto delle passioni, delle sorprendenti rivoluzioni teatrali, non ve n’è pur segno: quello che
Pectus inaniter angit, |
invano vi si cerca; quello che interessa, ammaestra, trattiene, incanta,
Delectando, pariterque monendo, |
non vi s’incontra affatto: tutto si riduce ad una concatenazione di spesso insulsi versi, ne’ quali
Acer spiritus ac vis, |
Ed eccogli, signor Conte, (forse con un poco troppo di cattivo umore, ma però con verità) liberamente descritta quella che da