Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. I, 1946 – BEIC 1727075.djvu/54

48 risposta dell’autore


Armonia è di piú specie; ogni suono, ogni rumore, ogni parola ha armonia; ogni parlare ne ha una, ogni passione nell’esprimersi l’ha diversa. Nella poesia lirica parla il poeta, vuole allettare gli orecchi da prima, poi tutti i sensi; descrive, narra, prega, si duole: cose tutte, che in bocca del poeta vogliono armonia principalmente. Il nome di lirica denota che il fine suo principale sarebbe il canto; ed al canto si supplisce con cantilena nel recitare. Se i versi lirici prima d’ogni cosa non fossero cantabili, e fluidi, e rotondi, peccherebbero dunque come non riempienti lo scopo. Un poco di sotto, in linea musicale, vengono i versi epici; ed all’epica perciò si adatta la tromba, suono piú gagliardo e meno armonioso della lira, ma suono pure, e canto. Nella epica parla anco per lo piú il poeta, descrive, narra, e se pur vi frammette dialogo, non è dialogo di azione: v’inserisce poi anche gran parte di lirica, e con felicitá. Ma la Tragedia, signor Calsabigi stimatissimo, non canta fra i moderni; poco sappiamo se cantasse, e come cantasse fra gli antichi; e poco altresí importa il saperlo. Molto importa bensí il riflettere, che né i Greci, né i Latini non si sono serviti del verso epico né lirico dialogizzando in teatro, ma del jambo, diversissimo nell’armonia dall’esametro. Fatto si è, che strumento musicale alla tragedia non si è attribuito mai; che le nazioni, come la nostra e la inglese, che si senton lingua da poter far versi, che sian versi senza la rima, ne l’hanno interamente sbandita, come parte di canto assai piú che di recita: e aggiungasi, che ogni giorno si dice la tromba epica, la lira delfica, il coturno e pugnale della tragedia.

Ciò posto, la armonia dei versi tragici italiani dee pur esser diversa da quella di tutte le altre nostre poesie, per quanto la stessa misura di verso il comporti, poiché altra sventuratamente non ne abbiamo. Ma però quest’armonia tragica aver dee la nobiltá e grandiloquenza dell’epica, senza averne il canto continuato; e avere di tempo in tempo dei fiori lirici, ma con giudizio sparsi, e sempre (siccome non v’è rima) disposti con giacitura diversa, che non sarebbero nel sonetto, madrigale, ottava, o canzone. Cosí ho sentito io; e dalla sola natura delle cose ho ricavate queste semplici osservazioni. L’amore tra tutte le tragiche passioni parrebbe quella, che piú all’armonia senza offendere il verisimile potrebbe servire; ma se io proverò con esempj, che l’amor tragico non soffre armonia interamente epica né lirica, non l’avrò io maggiormente provato per l’altre passioni tragiche tutte? l’ira, il furore, la gelosia,