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lettera di ranieri calzabigi | 35 |
e forse era più chiaro scrivere:
Ma il sospettar diventa |
Tralascio di citare altri passi, perché meglio di me gli avrá ella rilevati: ma conchiudo, che questa durezza, questa ambiguitá pregiudica talvolta a’ suoi sentimenti nobili, sublimi, e spesso nuovi.
Corneille è certo piú maestoso, piú energico di Racine; ma Racine per l’eleganza del suo dire, il fluido della sua poesia, signoreggia sempre sulla scena. Apostolo Zeno è piú teatrale, piú grave, piú pensieroso, piú vario di Metastasio; ma regna Metastasio, e Apostolo Zeno è escluso affatto dal teatro: prova evidente di quanto possa la dolcezza, la melodia, la vaghezza dello stile.
Si contempla con ammirazione dai professori il quadro del Giudizio di Michelangelo: se ne ricavano, e scorci, e positure, e atteggiamenti, e delineamenti, per studio; ma i quadri di Rubens, di Tiziano, del Correggio, di Guido, incantano e pittori, e dilettanti, e ignoranti, e intelligenti.
Questo suo stile, ella ha voluto con sommo impegno formarselo su i nostri antichi modelli. Dante piú d’ogni altro l’ha sedotto: lo ha egregiamente imitato. Ma gli uomini ai quali devono recitarsi le sue ammirabili tragedie, non sono quelli del secolo di Dante. La nostra lingua allora balbettava bambina; ora eloquentemente, maestosamente, e leggiadramente si spiega nella sua virilitá. Par forse a lei, che se Dante ai dí nostri vivesse, scriverebbe come scrisse allora:
Or mentre io gli cantava cotai note, |
e cento altre stranezze somiglianti? no, sicuramente. Nutrirsi de’ grandiosi sentimenti di Dante, imitarne le forti immagini, le nervose espressioni, è certo degno di lode: ma son di parere, che trasportarle a noi convenga nell’odierno nostro piú culto, piú fluido linguaggio. Chi adopra adesso que’ suoi fiorentinismi, quella sua grammatica? niuno al certo. E colui, che
Quaedam nimis antique... pleraque dure |