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34 | lettera di ranieri calzabigi |
Questa trasposizione del verbo rende alquanto oscuro il senso a prima vista. Non dubito punto, ch’ella vedesse che, con piú chiarezza, e forse con piú eleganza, poteva dire:
Basso terror di tradimento infame |
}Nel Polinice, atto quarto, scena prima, trovo:
Ma il sospettar, natura |
Das naos as vellas concavas inchando... |
E per la tragedia, eccone alcuni esempj da Seneca:
Mihi gelidus horror ac tremor somnum excutit; |
Tanti esempj ho creduto dover trascrivere, affinché piú sensibile si renda questo immaginoso nell’espressione poetica, il quale dipinge narrando e cagiona negli alunni delle muse un infiammato desiderio d’imitazione. Questo stile presenta continuamente alla fantasia oggetti nuovi, e pellegrine bellezze, e mette in bocca ai personaggi introdotti l’eloquenza propria all’esser loro, al loro carattere, alle loro passioni.
Senza questo stile, la tragedia, come ogni altro poema, riesce languida, e per cosí dire, dilavata: sia pure ben disegnata, tratteggiata, disposta; ella non apparisce che un puro disegno, che, per quanto eccellentemente ed esattamente delineato sia, mancando dell’attrattiva del colorito, non produrrá mai l’ammirazione, il piacere, l’incanto d’un quadro di Tiziano o di Paolo Veronese.
I versi di una tal tragedia, benché eleganti e pensierosi, non saranno che una prosa congegnata in linea di undici sillabe. Non potranno mai destare negli animi il trasporto, il rapimento che vi desta la colorita immaginosa poesia: e la tragedia in prosa è un meschino ritrovato del nostro povero secolo.
Ma i giovani poeti avvertano di non profonder troppo nella tragedia questo stile pittoresco, per non cadere nell’ampolloso. L’economia che ne raccomando non è facile a praticarsi: si tratta di comprimer l’ingegno, di far forza all’amor proprio; né si può accennare dove e quando adoprare si deve. Al solo discernimento del gran poeta è riservata questa cognizione.