Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. I, 1946 – BEIC 1727075.djvu/249


atto secondo 243
dar quí, la vita, in don tu la ricevi,

da Romana qual sei, d’Icilio sposa.
Numit. Oh terribil momento! Appio, ten prego
un’altra volta ancor; Virginio torni,
e s’aspetti, e s’ascolti.
Popolo   Appio, deh! torni
Virginio; il vogliam tutti...
Appio   Io piú di tutti,
presente io ’l voglio; ei lo sará: nel foro
tutti vi aspetto al nuovo dí. — Costui
di morte reo, per or non danno a morte;
creder potreste ch’io di lui temessi:
per ora ei viva, e al gran giudicio assista;
se il vuole, in armi; e voi con esso, in armi.
Dar pria sentenza della schiava udrete,
e di lui poscia. A veder quí v’invito,
che in sua virtú securo Appio non trema.
Marco Ma vuol la legge, che appo me frattanto
resti la dubbia schiava.
Icilio   Infame tetto
di venduto cliente asíl sarebbe
d’onesta vergin mai? Legge non havvi
iniqua tanto; o, se pur v’ha, si rompa.
Marco Mallevador chi fia della donzella?
Popolo Mallevador noi tutti.
Icilio   Ed io con loro.
Andiam: vedranne il nuovo sol quí tutti,
certi di noi, di nostre spose, o estinti.


SCENA QUARTA

Appio, Marco.

Appio — Icilio ell’ama? E sposa n’è? — Piú forte,

piú immutabil sto quindi in mio proposto.
Va, temerario, or nella plebe affida,
mentr’io...