Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. I, 1946 – BEIC 1727075.djvu/231


atto primo 225
ti narrerò.

Numit.   Vadasi intanto.
Virg.a   Udrai
a che mi espon questa beltá, che grata
mi è sol per quanto a Icilio piace...


SCENA SECONDA

Virginia, Numitoria, Marco, Schiavi.

Marco   È questa,

sí, la donzella è questa. Alle mie case,
schiavi, presa si tragga: ella è mia serva
nata, qual voi.
Numit.   Che ascolto?... E tu, chi sei,
ch’osi serva appellar romana donna?
Marco Nota è tua fraude, e vana; invan ritorla
cerchi ai dovuti ceppi. Ella a te figlia
non nacque mai, né libera. Di Roma
son cittadino anch’io; ne so le leggi;
le temo, e osservo; e dalle leggi or traggo
di ripigliar ciò, che a me spetta, ardire.
Virg.a Io schiava? Io di te schiava?
Numit.   A me non figlia?
E tu, vil mentitor, sarai di Roma
tu cittadino? Agli atti, ai detti infami,
dei tiranni un satellite ti credo,
ed il peggior. Ma sii qual vogli, apprendi,
che noi siam plebe, e d’incorrotta stirpe;
che a’ rei patrizj ogni delitto e fraude
quí spetta, e a’ lor clienti: in oltre, apprendi,
ch’è padre a lei Virginio; e ch’io consorte
son di Virginio; e ch’ei per Roma in campo
or sotto l'armi suda;... e ch’ei fia troppo
a rintuzzar tua vil baldanza...
Marco   E ch’egli,


 V. Alfieri, Tragedie - I. 15