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atto quarto 207
Sa il ciel, s’io t’amo; eppur tua man rifiuto,

sol perché meco non si adirin l’ombre
inulte ancor de’ miei. La morte io scelgo,
la morte io vo’, perché il padre infelice
dura per lui non sopportabil nuova
di me non oda. — Ossequíoso figlio
vivi tu dunque a scellerato padre.
Creon. Il suo furor meglio soffrir poss’io,
che non la tua pietá. — Di quí si tolga. —
Vanne una volta, vanne. Il sol tuo aspetto
fa traviare il figliuol mio. — Nell’ora
ch’io t’ho prefissa, Eurimedonte, in campo
traggasi; e v’abbia, anzi che morte, tomba.


SCENA TERZA

Creonte, Emone, Guardie.

Emone — Pria dell’ora prefissa, in campo udrassi

di me novella.
Creon.   Emon fia in se tornato,
pria di quell’ora assai. — Le tue minacce
antivenir potrei: — ma, del mio amore
darti vo’ piú gran pegno; in te, nel tuo
gran cor fidarmi, e in tua virtú primiera,
ch’io spenta in te non credo.
Emone   Or va, fia degno
quant’io farò, di mia virtú primiera.


SCENA QUARTA

Creonte, Guardie.

Creon. — L’indole sua ben so: piú che ogni laccio,

sensi d’onor lo affrenano: gran parte
del suo furor la mia fidanza inceppa...