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152 polinice
Eteoc.   Saggio consiglio: or via,

a che protrarre il desiato istante?
A che innasprir non ben sanata piaga? —
Io, col contender piú, tor non mi voglio
gloria, ch’è mia pur tutta; a chi mi apporta
guerra mortal, dar pace. — Olá; si arrechi
la sacra tazza a noi; si compia il rito
degli avi nostri. — Madre, oggi secura
te, la sorella, e la mia patria afflitta,
e al fin voi tutti, oggi securi faccia
il giuramento alterno. — Ecco la tazza,
fratello; il vedi, a te primiero io l’offro.
Pien di sacro terror vi accosta il labro;
giura, di leggi osservatore in trono,
non distruttor, salirne; e render giura,
compiuto l’anno, al fratel tuo lo scettro.
Polin. Ciò ch’io non tengo ancor, ch’io render giuri?
giurar dei tu di darmel pria; secondo
io, di renderlo.
Eteoc.   Or dí; non sei tu quegli
ch’onta minacci, e incendio, e strage a Tebe?
Chi, se non tu, rassicurar gl’incerti
suoi cittadini or può, per te dolenti,
e sol per te? — Le madri sconsolate,
da te pendono; i vecchi, da te pendono;
e le tremanti spose, e la innocente
etá, (mira) le supplici lor destre
sporgono a te. — Che indugi omai? ben vedi,
che aspettiam tutti, e sol da te, la pace.
Polin. Questo, che or m’offri, è di amistá fraterna
il pegno adunque,... e di tua fede?
Eteoc.   Il pegno,
sí, d’amistade sacro...
Polin.   Osi accertarlo?
Eteoc. Tu dubitarne?
Polin.   Ecco, ricevo io dunque