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Bruto nei figli, le tante e sí alte virtú dalla stessa necessitá procreate, tutto, in breve, contribuiva a far nascere quella Roma libera, alla cui gloria e possanza era poscia angusto termine il mondo. I cittadini tutti dividendo io dunque in due parti, dico che ai buoni déi restituir libertá, perché degni ne sono, ai cattivi affinché, per mezzo di quella, di esserlo cessino.
V
Dei mezzi poi di eseguire una cosí magnanima impresa, ora che, per quanto io seppi, dimostrato ti ho che per te stesso non men che per noi la déi fare, colla libertá stessa, e con vero amore della patria di te e del retto discorrerò; non per insegnarteli, no, che piú che a me ti son noti; ma per convincere pubblicamente i piú tiepidi amatori di libertá, che facilissimi sono tai mezzi, mentre i piú li reputano impossibili; ma facili sono, imperante Traiano, ed impossibili pur troppo sotto ogni passato principe erano e, se tu non provvedi, da ora in poi saran tali per sempre.
La legittima autoritá in Roma libera stava nella plebe e nel senato. Questi ne rivestivano a vicenda, ed a tempo, i consoli, i tribuni, i dittatori. Cose note, notissime, ma da gran tempo, in questo senato non piú mai, e con sommessa voce fuor di questo consesso, tremando, rammemorate. Piacemi qui, col rammentarle altamente e col parlarne io in non dubbie né oscure parole, manifestare a Roma che sotto Traiano non è delitto il ricordarsi di Roma, l’investigarne la vera grandezza e libertá, il desiderarla e il provvedere al rinascimento di essa.
Il console, che d’un anno d’impero appagavasi, dopo essersi mostrato ai nemici di Roma soldato, ed ai propri soldati cittadino, fra le patrie mura pieno di verace gloria e di patrie virtú ritornato, nulla perdeva nel perdere la elettiva sua dignitá: anzi, aggiunte alle dolci prerogative di libero cittadino le dolcissime lusinghe di una chiara e meritata fama, un piú nobile e piú durevole impero ritenea; quello che la conosciuta