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di plinio a traiano
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nostra venerazione, il tuo e l’universale silenzio, appien mi rispondono che la repubblica è in te; in te solo: e che in te, per favore speciale dei numi, degnamente sta tutta. Ma tu, uomo sei e mortale. Pur troppo (e sia pur lungi tal giorno! ma per quanto sia lungi, sempre affrettato sará per questa inferma repubblica) verrá, pur troppo, quel lagrimevole giorno che noi di un benigno padre, ed il mondo intero del maggior suo splendore, privando, a calamitosi tempi, a vicende terribili di varia fortuna di nuovo esponendoci, tanto piú dolorosa e irreparabile fará la rovina nostra, quanto questo breve respiro che sotto il principato tuo gustato si era, ridestate avea in molti le lusinghiere speranze di piú prospero, tranquillo, libero e sicuro stato. Se in te solo omai dunque sta la repubblica tutta; se il poterla fare infelice, anzi il disfarla, e da’ fondamenti sottosopra rivolgerla, è stato sventuratamente concesso agli iniqui predecessori tuoi; tu mostrare, convincer tu déi Roma tutta che piú nel ben fare che nel nuocere, la immensa imperatoria possanza si estende. E se dimostrato ci viene che i mali cagionati da quei mostri, benché infiniti, e di conseguenza lagrimosa e lunghissima, pure per la successione di Nerva, e tua, poterono divenir passaggeri, a te si aspetta (e di te solo è degna la impresa) il far sí che i beni cagionati da te durevoli ed eterni rimangano. Né ciò altrimenti ottener tu potrai che col fermamente ordinare per sempre in tal maniera lo stato, che alla illimitata e perpetua autoritá non pervengano dopo te, né i cattivi principi, per non sovvertere gli ottimi provvedimenti da te fatti, né i buoni, poiché a ben regolata repubblica necessari non sono ed, esistendovi pure, impedire non possono che ad essi poi molti altri non buoni ne succedano.

Che uno stato libero, elettive e passeggere dignitá, nessuna preemimenza se non quella che dá la virtú, nessuna potenza se non quella delle giuste leggi, giovino maggiormente a far grande, temuto e rispettato al di fuori, lieto e felice al di dentro ogni popolo, credo, che parlando io ad un principe che fu cittadino, non ne abbisognino prove. Né tu, né io, né questi venerabili senatori veduto abbiamo vera repubblica; ma non sono cosí