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dire che costoro, in altre circostanze trovatisi, sommi scrittori si sarebbero fatti. A pochi uomini concede il destino di poter operare e di giovare al pubblico in atto pratico col presente lor senno. Quindi, se alcuni di quei pochi, a ciò atti ed a ciò non eletti, si trovano dalle loro circostanze impediti d’operare, questi colla lor penna insegnano agli altri ciò ch’essi eseguir non potevano; alle vacillanti pubbliche virtú soccorrono condilettevoli aiuti; ovvero al vizio giá trionfante ed in trono, muovono essi quella virtuosa guerra di veritá, che sola può, smascherandolo, felicemente combatterlo, e col tempo distruggerlo. Sono questi a parer mio i veri, anzi i soli scrittori; e i piú perfetti reputo, tra i loro libri, quelli che maggiormente un tale effetto producono. Onde, dividendo io questa stessa classe di uomini sommamente capaci a commovere e guidarne molti altri, in letterati attori e in letterati scrittori, osservo che Roma, nel fiore e nerbo della sua libertá, moltissimi dei primi ne annovera; e sono gli Orazi, gli Scevoli, gli Emili, gli Attilii e Regoli e Scipioni e Decii e Catoni; e quei tanti altri in somma, grandissimi tutti, bollenti a gara d’amor di virtú, di libertá e di gloria; tre sacre faville, onde si dée comporre ed incendere l’animo di ogni grande, e massimamente quello del vero e sublime scrittore. Ma di letterati scrittori incominciò poscia ad abbondar Roma nel suo primo decrescere, cioè in proporzione che scemando andavano i letterati attori; e cosí avvenir pur dovea; poiché, per la nascente corruzione, diveniva necessario il predicar e l’insegnar la virtú non meno con la voce e co’ scritti che con l’esempio. Quindi fra i piú antichi grandi scrittori di Roma, alcuni dei massimi, come Catone e Cicerone, riunirono in loro stessi le due divine parti dell’alto operare e dell’altamente dire; ma divenendo poi di giorno in giorno piú difficile e pericolosa cosa il praticare non meno che l’inculcare la virtú, gli scrittori romani da Augusto in poi si assomigliarono pressoché tutti in ogni cosa agli scrittori nostri moderni, che la virtú né praticare omai sanno, né inculcarla si attentano. Il frutto dunque delle scienze, nei nostri principati perfezionate e promosse, siam noi moderne nazioni; in ogni arte